Sui sentieri dei vecchi pastori

Articolo uscito sul Gazzettino il 18 luglio 2020

Seduti nella vecchia Hostaria Serenissima nel centro di Domegge (BL), Gianfranco Valagussa, attivissimo presidente del CAI di Domegge, mi spiega soddisfatto la nascita di un nuovo sentiero tracciato dai volontari della sezione cadorina del Club Alpino Italiano dedicata ad un pastore di Deppo, frazione di Domegge, Celio Da Deppo “Bianchi”. Celio ha percorso per mezzo secolo i sentieri che collegavano il suo paese ai pascoli alpini di Bajon, nell’altopiano stupendo di Pian dei Buoi, vivendo nella casera che oggi risulta essere un bel rifugio alpino frequentato dalla primavera all’autunno. Valagussa mi racconta emozionato la storia di questo pastore per sottolineare come “i sentieri di queste montagne, vanno recuperati per ricordare tutti coloro, contadini e pastori, che attraverso il proprio lavoro hanno reso queste vie presidi storici, testimonianze di un duro passato”. E Celio, quel duro passato, lo ha vissuto interamente. Nato nel 1889 in una casa che ancora oggi si può vedere tra quelle vecchie del paese, visse le grandi contraddizioni che caratterizzarono la storia novecentesca italiana. Celio era un uomo schivo che guardava il mondo con uno sguardo disincantato. Il suo primo lavoro fu come segantino seguendo le orme del nonno ma presto fu attratto dall’attività pastorizia e attraversò indenne le due guerre mondiali conoscendo le sofferenze e la fame che, soprattutto nel primo conflitto, colpirono duramente le popolazione cadorina.  Celio non fu mai chiamato a combattere in prima linea e nemmeno nelle retrovie. Una brutta caduta da un albero quando era bambino, gli aveva rovinato la schiena condannandolo ad una camminata stentata. Così venne dispensato dal Regio esercito e Celio, per questo difetto, evitò la morte in trincea durante il primo conflitto mondiale e il gelo dell’inverno russo nella successiva guerra. “Trascorreva l’inverno in attesa di andarsene sui monti, libero e padrone di sé – mi racconta sorridente Valagussa – partiva da Deppo alla volta di Bajòn con il suo asino di nome Storace, ma ben presto era costretto a rallentare il passo per via di quel camminare incerto e a lasciare la guida al quadrupede. Alla casera Bajòn, quando vedevano arrivare l’asino era ora di mettere l’acqua sul fuoco per fare la polenta e quando la polenta era sul tagliere al centro della tavola, allora compariva Celio puntuale come sempre”.

Stare con gli animali immerso fra le cime, respirare l’aria frizzante dell’alta montagna, godere degli infiniti colorati tramonti che incendiavano le Marmarole, gli permetteva di superare le difficoltà di una vita solitaria e di un amore mai avuto, nemmeno con quella bella ragazza di Lozzo che vedeva passare col falcetto a raccogliere le erbette lungo i crinali sopra l’altopiano: “Era chiamata “ciamorzina” – mi racconta Valagussa –  per via della sua destrezza e velocità nel salire e scendere le crode, proprio come un camoscio. Raccoglieva l’erba, l’ammucchiava dentro un telo di canapa e dopo averlo chiuso lo lasciava scivolare sul pendio. Presto si sposò, ma non con lui”. Così Celio visse tutta la vita a contatto con la natura più selvaggia presso quell’edificio tra i pascoli di Bajòn, accorgendosi che gli anni passavano inesorabili, che camminare lungo i sentieri diventava per lui sempre più difficoltoso, che i dolori alla schiena aumentavano e che il tempo per riflettere sulla sua vita, sugli amori mancati, sulle guerre che aveva vissuto per “sentito dire” e sulla fine di un mondo pastorale e rurale che lasciava spazio alle fabbriche e alle occhialerie, non c’era più.  

“La notizia che la sua dimora da pastore, la casera di Bajòn, sarebbe diventata un rifugio alpino – mi spiega Valagussa – gli giunse alla fine della sua vita e il desiderio di rivederla fu il suo ultimo pensiero. Un desiderio semplice come la vita di un pastore, ma impossibile da soddisfare perché la morte fu più svelta. Fece in tempo solo ad indicare dov’era la sorgente per portare l’acqua al futuro rifugio e che lo alimenta tutt’ora”.

Celio è morto in un freddo dicembre del 1970. Con lui se ne sono andate conoscenze e tradizioni di un antico mestiere che tuttavia oggi, pur con difficoltà, riprende di nuovo ad essere praticato dalle nuove generazioni che si ispirano anche a queste vecchie storie che qualcuno non ha dimenticato. Ma Celio era conosciuto in paese anche come un uomo libero e altruista che si offrì di proteggere un compaesano che aveva il suo stesso nome ed era ricercato dagli occupanti tedeschi durante la seconda guerra mondiale: quando lo videro i nazisti dopo aver controllato il documento di riconoscimento lo lasciarono al suo posto, un pastore e pure zoppo non poteva essere il pericoloso fuggiasco che stavano cercando.

Nel 1971 Natale Da Deppo inaugurò il rifugio “Bajon” ma Celio non c’era più anche se il suo spirito era presente su quelle tracce lasciate sull’altopiano e su quelle rocce levigate dal tempo, dalla pioggia e dal vento.

Domenica 19 luglio 2020 ci sarà l’inaugurazione del Sentiero del Pastore con una festa presso il Rifugio Bajon a Pian dei Buoi sopra Lozzo di Cadore. L’evento è stato inserito nel programma delle escursioni organizzate dalle Sezioni Cadorine del CAI.  L’escursionista che vorrà percorrere questo nuovo itinerario potrà seguire i segnali dedicati al nuovo sentiero a partire dal Rifugio Baion. Vi guiderà un marchio specifico che, utilizzando i colori bianco e rosso, forma la “P” di pastore. Il sentiero compie un anello che, partendo dalle stalle dell’edificio vi fa ritorno dopo aver toccato Forcella Baion, il Tac Grande ed il Tac Piccolo nello scenario selvaggio delle Marmarole. Sarà pubblicato anche un volume, a cura delle sezioni CAI di Calalzo, Domegge e Lozzo, dal titolo “Marmarole. Le Dolomiti dei pastori e dei pionieri”. Il libro è una raccolta di itinerari escursionistici ed alpinistici compresi tra il Giau de la Tana e Pian dei Buoi. Le proposte alpinistiche saranno accompagnate da storie di pastori e di pionieri che hanno disegnato e fatto conoscere questo splendido gruppo di cime.

Mencini Giannandrea

Uscita del bestiame dalla casera Baion oggi Rifugio a Pian dei Buoi
Celio segantino con nonno Francesco nel 1906