IL GRANDE ROMANZO AMERICANO, IL RITORNO DI PHILIP ROTH

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Recensione uscita su recensionilibri.org il giorno 31 gennaio 2015

Il Grande Romanzo Americano, vecchio lavoro di Philip Roth, fu pubblicato nel 1973 e recentemente è tornato in libreria per i Supercoralli di Einaudi.

Questo lungo romanzo racconta la storia di una squadra di baseball americana durante la Seconda Guerra Mondiale, che si trova in una paradossale situazione: in continuo spostamento per l’America in quanto lo stadio è stato affittato all’esercito americano.

La trama di questo ironico lavoro di Roth, ovvero la trama di un crimine contro la verità attuato dalle autorità americane a partire dal 1946, ci viene svelata dal giornalista sportivo Word Smith.

Smith, voce narrante del romanzo, parla…

di ciò che nessuno in questo paese ha più nemmeno il coraggio di menzionare. Parlo di un capitolo del nostro passato che è stato cancellato dai libri di testo senza un oh di protesta, tranne che da parte mia. Parlo di una riscrittura della nostra storia non meno odiosa di quelle ordinate da un tirannico dittatore straniero. E non di una storia risalente a mille anni fa, ma di qualcosa che ha visto arrivare la sua fine una ventina di anni fa. Sì, parlo della distruzione della Patriot League. Che non ha semplicemente chiuso bottega, ma è stata deliberatamente cancellata dalla memoria nazionale

 

Nel libro si conoscono diversi strani personaggi raccontati o descritti con grande simpatia e sarcasmo da Roth, Gil Gamesh, l’unico lanciatore che abbia mai provato a uccidere l’arbitro,  l’ex carcerato John Ball, «il Babe Ruth della galera», la prima base che non ha mai battuto un fuoricampo da sobrio, i Ruppert Mundy, la prima e unica squadra senzatetto di un campionato maggiore di baseball.

Un libro irriverente, beffardo nei confronti di uno sport fra i più amati in America, dove il divertimento si integra sempre con alcune riflessioni sulla società americana.

Tuttavia, prendendomi la responsabilità di quello che scrivo parlando di un libro di Roth, un libro minore che ho letto talvolta con fatica e che non mi ha particolarmente entusiasmato,  con mio grande dispiacere.

Sono lontani altri libri di questo autore che amo moltissimo.

L’allegoria politica di Pastorale Americana, il ricordo e la memoria di una America rabbiosa,  sono molto distanti da questo Grande Romanzo Americano.

I sentimenti e i concetti della “trilogia dell’epilogo”, i desideri e la perforazione del proprio animo e le diverse interpretazioni della vita privata o pubblica che sia, non trovano adeguato spazio in questo lavoro, nemmeno quando diventano divertenti o paradossali.

La deriva dittatoriale o la  paura comunista della società americana, sono concetti o sentimenti che l’autore esprime meglio anche in un lavoro come Il complotto contro l’America.

Forse manca a mio avviso una “convinzione” letteraria, se così si può dire, nello sviluppo della trama e dei contenuti del Grande Romanzo Americano, manca una  profonda analisi,  spesso irriverente, della società americana.

Tuttavia, non mancano momenti esilaranti e commenti grotteschi, volgari ma sempre emblematici e trasparenti, capaci di farci capire tante cose con il sorriso fra le labbra:

c’è un disegno che rappresenta un peto. Grazioso, pure. I ragazzi amano le scoregge, nevvero? Ancor oggi, pur con tutta la violenza e le droghe e gli atti osceni di cui gronda la tivù, loro si divertono come ci si divertiva noi, con le scoregge. Forse il mondo non è cambiato tanto, dopo tutto. Fa piacere pensare che vi siano ancora in circolazione certe antiche verità.