Echoshock, l’Italia e la crisi della Laguna

Articolo uscito sul Gazzettino del 14 marzo 2024

L’Italia e l’intera area del Mediterraneo hanno già superato la soglia di guardia dell’aumento del riscaldamento globale: 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali. E le gravi conseguenze di questo cambiamento climatico si sono già innescate. È un conto alla rovescia: una corsa contro il tempo per mettere in sicurezza il Paese. E’ questa la denuncia riportata nell’ultimo libro inchiesta scritto dal giornalista Giuseppe Caporale “Ecoshock. Come cambiare il destino dell’Italia al centro della crisi climatica” edito da Rubbettino.

Un lungo cammino, quello dell’autore, nell’Italia sottoposta a gravi rischi ambientali e sociali a causa dell’alterazione climatica. Caporale nel suo lavoro riporta la voce di numerosi studiosi della materia, analizza oltre 90 dossier sul tema e raggiunge di persona diverse località italiane dove i segni del cambiamento in atto sono già presenti. Da buon giornalista d’inchiesta mette insieme le diverse parti di un complesso problema sempre più presente nella nostra vita e nei nostri territori arrivando a delle conclusioni allarmanti.

In modo chiaro l’autore sottolinea che se i monitoraggi su scala globale portano a risultati preoccupanti, quando il campo si restringe e ci si concentra sulla regione mediterranea le proiezioni risultano impietose: secondo l’ENEA, entro il 2100 migliaia di chilometri quadrati di aree costiere italiane rischiano di essere letteralmente sommerse dal mare, in assenza di interventi di mitigazione e adattamento.

Da qui alla fine del secolo l’innalzamento del mare lungo le nostre coste è stimato tra 0,94 e 1,035 metri (sulla base di un modello cautelativo) e tra 1,31 metri e 1,45 metri (su base meno prudenziale). Il fenomeno dell’innalzamento, potenziale o reale, riguarda praticamente tutte le regioni italiane bagnate dal mare per un totale di 40 aree costiere a rischio inondazione.

Non a caso quindi, un capitolo del lavoro di Caporale, analizza il caso Venezia dove per l’autore ormai le minacce climatiche alla sopravvivenza della città e del suo ecosistema sono molteplici e persistenti.

Per fortuna la scienza, anche locale, ha iniziato recentemente a ragionare sul futuro della città e addirittura del dopo Mose, basti ricordare un importante convegno tenutosi l’anno scorso, tuttavia la riflessione dell’autore richiama le raccomandazioni dell’Unesco contenute nel Report “Venice and its Lagoon” del 2020, evidenziando come la complessità dei problemi sia stata affrontata finora in modo sbilanciato, vale a dire affidandosi quasi esclusivamente alla tecnologia, citando ad esempio il ruolo oggi fondamentale del Sistema Mose. Invece servirebbe pure un monitoraggio costante e ad ampio raggio che permetta di trovare soluzioni aggiuntive alle barriere mobili per prevenire ulteriori danni da allagamenti al patrimonio culturale di Venezia. Il dibattito è quanto mai aperto, come sappiamo, ma in considerazione dei ricordati dati dell’Enea e successive elaborazioni che evidenziano come la linea di costa dell’Alto Adriatico sia destinata a subire drastici arretramenti, tali da rendere impossibile abitare città come Venezia, Mestre, Chioggia e Ravenna, ci auguriamo che non duri all’infinito.

Giannandrea Mencini