Acque alte

Articolo uscito sul Gazzettino il 23 marzo 2024

“Dove nascono le nostre scelte? Perché prendiamo certe decisioni invece di altre? Non lo so, né sono del resto sicuro di volerlo sapere. Mi piace il momento, l’attimo in cui un’idea matura nella testa, anche quando non c’è una spiegazione logica. L’idea era quella di scrivere alcune storie delle mie ragazze che però non riuscivo a sviluppare come volevo.”

Così Cristiano Dorigo scrive nelle prime pagine del suo nuovo libro. Invero l’autore, che da trent’anni lavora come operatore sociale, riesce molto bene, grazie ad una narrazione lineare ed una emozionante narrativa, a scrivere un toccante libro di storie.

“Acque alte”, in uscita per Meligrana Editore e Collana Priamo, racconta situazioni che coinvolgono alcune ragazze incontrate dall’autore durante la sua importante esperienza professionale di educatore. Non a caso, con grande delicatezza, al fine di mantenere l’anonimato, regala a ciascuna ragazza protagonista dei vari episodi, il dolce nome di un fiore.

Lo sviluppo di un libro così delicato, avviene con grande attenzione e soprattutto, come evidenzia nella bella postfazione Emanuele Pettener, con pudore e rispetto. Infatti Dorigo conosce bene il tema e il valore di queste parole, grazie alla sua attività di ascolto, di consiglio, di aiuto, che non si trasforma in una sterile compassione verso delle ragazze che hanno sofferto e che talvolta continuano a soffrire, ma diventa al contrario una sfida da gestire e, soprattutto, da vincere.

Il libro è composto da sette parti, suddivise a loro volta fra “giorno” e “notte”, che contengono ciascuna un racconto della giornata, un episodio delle ragazze, e una notte in cui Dorigo rievoca episodi della propria vita emotiva. Infatti, approfittando di un’acqua alta eccezionale che secondo le previsioni potrebbe durare addirittura alcuni giorni, lo scrittore, di fronte all’impossibilità di muoversi per l’alta marea, decide di riprendere a scrivere un libro per troppo tempo dimenticato. L’impossibilità di uscire tuttavia, trasforma il libro anche in un diario intimo dei giorni e delle notti trascorse nel suo piccolo appartamento nella città storica. E questo intreccio emozionale fra storie vissute e storie raccolte hanno un potere unico: comunicare direttamente con la sfera emotiva del lettore e incidere nella sua sensibilità. Vien da sé che i temi affrontati sono quelli del disagio sociale, della morte, dell’autoanalisi ed elaborazione del lutto.

“Sapessi quanta rabbia mi cancella i pensieri, diceva. Io una volta mi sono rotta un braccio, e faceva male: ma questo male qua – e si toccava la testa, il cuore, la pancia – fa tanto più male: è come se ti scoppiasse una bomba dentro ma lo sai solo tu, aggiungeva disperata…”

Ma per fortuna fra le righe non si legge solo il racconto della sofferenza e dell’amarezza delle ragazze incontrate dallo scrittore. Si legge anche della possibilità di rinascere, ricominciare, partendo dalla fiducia in se stessi e intraprendendo tutte le strade, non sempre tortuose, che la vita ci presenta.

Pertanto c’è da sperare che la marea eccezionale che ha generato questo intenso libro possa nel suo calare portarsi dietro le violenze e gli abusi che le donne devono ancora oggi drammaticamente sopportare.

Giannandrea Mencini