La montagna come madre: storie e radici dell’Alpago

Articolo uscito sul Gazzettino il 14 ottobre 2022

Esistono degli scrittori di montagna che attraverso semplici parole, ricordi lontani e vicende vissute, raccontano storie che riescono ad emozionare il lettore pagina dopo pagina. Antonio G. Bortoluzzi appartiene sicuramente a questa categoria e con il suo ultimo libro “Montagna Madre” per le Edizioni Biblioteca dell’Immagine, in questi giorni in libreria, ci porta a scoprire la conca dell’Alpago e a conoscere i motivi di quel suo inscindibile legame con le terre alte. “Montagna Madre” è un’antologia che raccoglie in un unico volume tre intensi lavori di Bortoluzzi “Cronaca della Valle” (2010), “Vita e morte della Montagna” (2013) vincitore del premio Dolomiti Awards Miglior libro sulla montagna del Belluno Film Festival e “Paesi Alti” (2015) con il quale ha vinto il Premio Gambrinus – Giuseppe Mazzotti nella sezione Montagna, cultura e civiltà.

Una trilogia appassionante dove l’autore racconta una montagna che ha radici antiche. Ritrovamenti archeologici infatti, hanno dimostrato che in Alpago molto prima che arrivassero i romani, vi erano comunità dedite alla pastorizia, alla lavorazione della lana e in rapporti di scambio con altre realtà protovenete della pianura. Più di duemilacinquecento anni fa, in montagna vi erano quindi comunità stabili, che vivevano e lavoravano producendo civiltà.  Bortoluzzi si sente legato spiritualmente a quelle antiche comunità e nella introduzione al volume specifica chiaramente che è di quella “montagna che vado raccontando da tanti anni, perché le radici di quel modo di stare, abitare, vivere un luogo sono arrivate fino a noi e le ritroviamo nei racconti, nelle tradizioni, nelle stratificazioni dei culti che si sono susseguiti nei secoli”.

In questo volume non scoprirete una montagna narrata attraverso sfide verticali, oppure edulcorata, bensì una montagna vera, fatta di persone che la vivono quotidianamente, giorno per giorno, con tutte le difficoltà del vivere in pendenza, coltivando la terra, portando al pascolo le bestie e sfidando gli imprevisti della natura. La Montagna è per l’autore una “grande madre che ha le sembianze accoglienti di un cortìvo, un cortile costituito di donne, uomini, bestie e natura, dove si è vissuti per secoli e dove si può ancora vivere”.

Leggendo questa trilogia, apprezzerete l’Alpago più genuino e più vero, dove la vita rurale viene raccontata dall’autore con una partecipazione e passione talvolta quasi commovente e dove le storie narrate, vicende di vita contadina, si intrecciano con diversi episodi storici che hanno caratterizzato il novecento.

In “Montagna Madre”, Bortoluzzi ricorda la sua terra che lo ha formato e gli ha trasmesso i valori della vita. Omaggia quindi la sua valle e le sue genti nonché quel patrimonio di ricordi che la comunità gli ha trasmesso nel tempo e che lui ha tradotto in narrativa. Ed è per questo motivo, che in questa antologia troverete un “paesaggio che oltre a prati, torrenti, alberi, case, stalle, strade, animali, montagne, cielo, nuvole e altri elementi fisici, è costituito di tempo trascorso”.

Giannandrea Mencini