Vallesella e i suoi 800 abitanti, storia di un paese scomparso

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Articolo uscito sul Gazzettino il 13 febbraio 2021

L’acqua è sempre stata una grande risorsa naturale delle nostre montagne. Quell’acqua che storicamente serviva per alimentare i mulini, per le produzioni manifatturiere, per trasportare il legname, nel Novecento divenne fonte importante per produrre energia pulita attraverso lo sfruttamento idroelettrico.

Le Alpi divennero luogo di costruzioni ingegneristiche clamorose che modificarono radicalmente il territorio montano. Intere vallate furono stravolte e i corsi dei fiumi modificati dalla costruzione di grandi sbarramenti, da invasi e da varie infrastrutture. Oggi, trascorso molto tempo, i bacini sono laghi artificiali integrati nel territorio naturale spesso sede di attività ludiche ma, prima dell’allagamento, erano prati, pascoli, paesi vissuti da popolazioni locali orgogliose della loro storia poi nascosta dall’acqua.

La realizzazione a partire dagli anni ‘50 dell’invaso creato dalla diga di Pieve di Cadore per produrre energia elettrica, cambiò radicalmente la vita agli abitanti di Vallesella, frazione di Domegge di Cadore (BL). Ancora oggi, i vecchi rimasti, ricordano la dura “querelle” con Sade ed Enel che, dopo la tragedia del Vajont, decisero di evacuare la zona comportando il graduale trasferimento di ben 800 persone.

Con il suo nuovo libro “Il paese scomparso” Cierre edizioni, Toni Sirena ricostruisce con grande attenzione storica, basandosi su approfondite analisi di carte e documentazione d’archivio, questi tristi fatti che coinvolsero Vallesella e i suoi abitanti. Ne viene fuori una vicenda simile purtroppo ad altre avvenute nelle nostre montagne che, nel caso di Vallesella, risulta più complicata in quanto, come sottolinea l’autore, “con il crescere del lago, l’acqua, penetrando nel terreno sottostante al paese, provocò fessurazioni e crolli e perché la Sade, la società che aveva costruito la diga, rifiutò di ammettere le sue responsabilità e di risarcire i danneggiati, resistendo pervicacemente in giudizio contro le ordinanze ministeriali”. Fatti e misfatti si intersecano in una storia dove in nome del progresso e della modernità, un piccolo paese di montagna con un suo patrimonio culturale, era destinato a soccombere e sacrificarsi per il bene della nazione in rapido sviluppo tecnologico.

Com’è noto peraltro, ben poche risorse economiche da tutte queste “grandi opere” ricadevano direttamente sul territorio interessato e quindi sulle povere comunità rurali alpine. Dalla coinvolgente lettura del libro di Sirena, si rimane sbalorditi nel constatare lo strapotere della Sade, la debolezza dello Stato, i conflitti di interesse che coinvolgevano i tecnici e gli apparati pubblici in generale e l’inefficacia di qualsiasi opposizione fosse essa degli Enti locali, della Chiesa o della popolazione.

Oggi, laddove c’era Vallesella, sono rimaste poche case e gli abitanti se ne sono andati, dispersi o trasferiti in altre zone del Comune.  Ora c’è un bel parco attrezzato, percorsi verdi e una fontana che una volta sorgeva al centro del paese scomparso e diventata adesso luogo di svago e gioco per molti bambini. Speriamo che il libro di Sirena venga letto anche dalle nuove generazioni, diventando così una fonte storica importante per chi ancora oggi si ostina a difendere la propria identità e, soprattutto, a non voler dimenticare. 

Giannandrea Mencini