La mia città dei prossimi 5 anni

Articolo uscito il 5 agosto 2020 sulla rivista online Luminosi Giorni

Nel prossimo futuro Venezia dovrà fare i conti con un problema molto serio: i cambiamenti climatici.

Il Rapporto Speciale dell’IPCC Oceano e Criosfera in un clima che cambia (SROCC –Special Report on Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate), approvato il 24 settembre 2019 dai 195 governi membri dell’IPCC, ha sottolineato come i ghiacciai e le calotte polari stiano perdendo massa, contribuendo così, insieme all’espansione dell’oceano dovuta al suo riscaldamento, al tasso crescente di innalzamento del livello del mare. Nel Report si mostra che, mentre nel XX secolo il livello del mare è cresciuto di circa 15cm su scala globale, oggi cresce ad una velocità che è più che raddoppiata – 3,6 mm l’anno – e sta accelerando.

Il livello del mare continuerà a crescere per secoli. Entro il 2100, anche se le emissioni di gas serra diminuissero radicalmente e il riscaldamento globale fosse contenuto ben al di sotto dei 2°C, l’innalzamento del livello del mare potrebbe arrivare a circa 30-60 cm, mentre potrebbe raggiungere 60-110 cm se le emissioni di gas serra dovessero continuare a crescere in maniera decisa. Da evidenziare inoltre che, sempre secondo questo rapporto speciale, l’innalzamento del livello del mare aumenterà la frequenza di eventi estremi legati ad esempio ad alte maree e a tempeste.

Secondo uno studio ENEA pubblicato su Nature Scientific Reports nel dicembre 2015, per effetto del cambiamento climatico, migliaia di ettari di territorio italiano potrebbero essere sommersi dal mare. Secondo le proiezioni realizzate dai ricercatori ENEA, sono 33 le aree costiere ad alta vulnerabilità in tutta Italia che rischiano di essere inondate, come ad esempio la laguna di Venezia e il delta del Po. Inoltre, da questi studi emerge che l’Italia sarà soggetta ad un incremento della frequenza degli eventi estremi, come ad esempio alluvioni nella stagione invernale e periodi prolungati di siccità, incendi, ondate di calore e scarsità di risorse idriche nei mesi estivi.

Più recentemente, uno Studio pubblicato il 16 ottobre 2018 dalla rivista Nature dimostra come siano in pericolo a causa del repentino innalzamento del livello marino ben 49 siti Unesco del Mediterraneo che si trovano nelle fasce costiere più basse. Già oggi, secondo lo studio, ben 37 rischiano di finire alluvionati in 100 anni e 42 rischiano per l’erosione della costa. Fino al 2100, il rischio di allagamento nell’area mediterranea può crescere del 50% e quello dell’erosione del 13%, con possibili e significativi incrementi in singoli siti. Fra i siti più minacciati dall’innalzamento maggiore dell’acqua (superiore ai 2,2 meri) compare l’intera costa dell’Alto Adriatico con la presenza del sito di Venezia e la sua Laguna.

Questi sono tutti dati allarmanti che obbligano chi si troverà ad amministrare nel prossimo futuro Venezia con il suo straordinario patrimonio storico e ambientale, ad intervenire per arginare questo problema, investendo ingenti risorse sulla ricerca, sulle tecnologie, su progetti di adattamento del territorio agli imminenti cambiamenti e a realizzare opere di resilienza.

Concretamente, la prossima amministrazione comunale dovrà elaborare un Piano di Adattamento ai cambiamenti climatici Locale (PAL) e analizzare gli impatti del cambiamento climatico sui settori naturali e socio economici del nostro territorio. Tale strumento aiuterà poi a programmare futuri interventi e adottare le previsioni di sviluppo territoriale alle future condizioni climatiche. Come? Promuovendo, ad esempio, da subito provvedimenti sperimentali sia nelle aree periferiche e periurbane della terraferma con iniziative di valorizzazione del verde e sia nel litorale (Pellestrina e Lido) attraverso il ripristino ambientale e la difesa costiera. Promuovendo risoluzioni di adattamento nello spazio pubblico (mitigare con interventi verdi i fenomeni estremi di calore estivo e il fenomeno dell’isola di calore urbana). Promuovendo risoluzioni nell’edilizia con progetti basati sull’efficienza termica o intervenendo sperimentalmente in alcuni quartieri con progetti di riqualificazione urbana: tetti e pareti verdi.

Inoltre, penso che sia ormai importante uscire dal dibattito “Mose SI, Mose No” auspicando che dopo tutti i miliardi di euro spesi, le opere alle bocche di porto funzionino e vengano consegnate allo Stato come previsto nel dicembre 2021 per avviare il collaudo finale e la sua definitiva gestione.

Tuttavia, a livello scientifico, sono convinto che sia necessario studiare da subito la problematica legata ai possibili numerosi azionamenti dei Mose alla luce dell’aumento del livello del mare. Pertanto, si dovrà in modo multidisciplinare riflettere urgentemente su questo aspetto e integrare le funzionalità della grande opera con tutti gli altri interventi diffusi che interessano la salvaguardia della città e della laguna nonché la protezione costiera.

Anche in questo caso parliamo di un obiettivo realistico.

L’on. Nicola Pellicani (PD) il 7 dicembre 2018 ha presentato in Parlamento la proposta di legge n. 1428 “Modifiche e integrazioni alla legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna” dove all’art. 6 si prevede espressamente l’istituzione di un Centro Internazionale sui Cambiamenti Climatici per monitorare tali cambiamenti e le loro ripercussioni su Venezia e sulla sua laguna. Tale Legge ha già iniziato l’iter parlamentare per l’approvazione.

Non solo. Nel settembre scorso, in sede di Bilancio a Roma, è stato approvato un emendamento voluto sempre dall’on. Pellicani che finanzia da subito la formazione a Venezia del Centro Studi sui Cambiamenti Climatici “per la spesa di 500 mila euro a decorrere dall’anno 2020”.

Di conseguenza, il Centro diventa così un progetto concreto, fatto proprio prima dal Parlamento italiano (previsto nella Mozione per Venezia approvata all’unanimità il 19 novembre 2019 e poi nell’Ordine del Giorno approvato all’interno del Decreto sul Clima del 10 dicembre 2019) e dal Governo stesso con l’investimento annuale di 500 mila euro per renderlo operativo. 

Inoltre, l’Arsenale storico di Venezia, officina di idee nella storia della città, potrebbe prestarsi bene ad ospitare questo Centro in considerazione del fatto che l’area Nord dell’Arsenale sarà dedicata alla gestione, con la presenza della “Control Room”, del Sistema Mose in collaborazione con Provveditorato alle Opere Pubbliche del Triveneto. Nell’area operano già realtà importanti in campo ingegneristico e ambientale come Thetis e CNR. Il Comune di Venezia concessionario dell’area e le Università veneziane potrebbero far squadra con le realtà già presenti per affrontare unitariamente alcune importanti tematiche quali ad esempio il ricordato innalzamento del livello marino, l’analisi dei flussi di marea e l’adattamento ai cambiamenti climatici delle aree costiere. Tale collaborazione potrà anche attrarre nuovi fondi europei in un momento di grande attenzione internazionale per le sorti di Venezia e della sua laguna, nonché rilanciare un’occupazione specializzata e qualificata nella città storica portando l’Arsenale ad essere un vero “polo innovativo e tecnologico” nel campo ambientale e del mare.

Giannandrea Mencini