Effetti collaterali del Coronavirus

E’ uscito il 31 marzo 2020 sul Corriere del Veneto questo racconto dello scrittore e amico Francesco Vidotto che, per vari motivi, me lo aveva anticipato. Ora che è uscito sul giornale, spero di fare cosa gradita nel pubblicarlo pure nel mio blog.

Buona lettura…

L’uomo cresce nel dolore.

Parlo della statura dell’anima, della consistenza dello spirito, della limpidezza delle idee.

Il benessere, la serenità, la pace sono terreni umiferi dove però germoglia egoismo, indifferenza, alessitimia.

Ricordo i miei nonni.

Forti.

Fragili.

Con rughe profonde e occhi giusti.

Guardavano il futuro che per loro era così striminzito eppure vedevano distante.

Mi sembravano così grandi, e lo erano per davvero!

Avevano attraversato violentissime tempeste: alcune chiamate “guerre”, altre “povertà”, altre ancora “fame”.

Avevano perduto i figli, abbandonato gli amori, dimenticato i sogni ed erano sopravvissuti.

Conservavano quella vita verticale impigliata nei ricordi e nel viso.

Era il sestante con cui misuravano l’altezza e l’importanza di ogni cosa e con quello strumento perfetto inciso nella memoria, si muovevano tra i problemi del mondo stimandone il giusto spessore.

Un bel giorno poi quei vecchi gloriosi sono scomparsi e ci hanno lasciato in eredità un tempo lungo e di abbondanza.

Da allora il mondo occidentale ha preso abbrivio.

E’ arrivato il progresso quello vero.

Il progresso veloce.

Il progresso che stordisce.

Ci si aspettava, insieme allo sviluppo tecnologico una pari evoluzione dell’essere umano ma così non è stato.

Il mondo vibra di una frenesia cariata.

C’è il consumismo, il debito, l’egoismo, la concentrazione della ricchezza e della povertà, le automobili che filano svelte, gli aerei che volano.

I confini si chiudono per impedire un futuro migliore a chi manca di tutto e per preservare uno stato di grazia di cui molti godono per pura fortuna.

C’è la comunicazione globale e l’assenza della capacità di ascoltare.

C’è il menefreghismo, l’avarizia di tempo, la mancanza di volontà e di spirito di sacrificio.

C’è l’inquinamento, il mondo che tossisce e il sole che sbiadisce.

Si parla poco, raramente si pranza in famiglia, raramente si fa l’amore.

Le stelle poi, non si guardano mai.

Il dolore è una spada incandescente il cui fendente recide le diversità.

Riporta ciascuno sul piano di un’umanità che ci accomuna.

Cancella i colori della pelle, i vantaggi del denaro, i privilegi della cultura.

Le lacrime hanno per tutti il medesimo sapore salmastro.

Quando soffri cerchi conforto e capisci quanto sia importante darne.

Il dolore frutta empatia.

L’empatia impedisce che taluni vivano prostrati mentre altri no.

Il dolore ti obbliga a scavare dentro di te per trovare la forza di sopravvivere.

Ti costringe a vedere le tue fragilità, a reagire, e quanto ti rimetti in piedi se ci riesci, sei di certo un uomo migliore.

Io non lo so se questa pandemia nasce per volere divino o umano.

Non lo so se è un virus che ha fatto il salto di specie o proviene da un laboratorio della città di Wuhan.

Quello che so è che ha imposto di tirare il freno.

Ha imposto di rimanere soli con sé stessi e con le persone care.

Ha imposto di avere coscienza degli altri, di occuparsi di loro ed in molti casi, anche di soffrire.

Sono aumentate a dismisura le distanze orizzontali a vantaggio di quelle verticali tra la testa e l’anima.

Si fa un gran parlare delle conseguenze di questo periodo nero.

Si dice della disfatta economica e finanziaria, del crollo degli equilibri politici, della distruzione della ricchezza.

Nessuno che accenni invece alla costruzione dello spirito.

Come se l’uomo fosse funzionale al soldo e non viceversa.

Io credo invece che ci rialzeremo migliori come persone, e con le priorità completamente riviste.

Ricostruiti e non distrutti.

Credo vi sarà profonda consapevolezza della condizione umana che ci accomuna tutti.

Cambieranno i ritmi di lavoro e di vita, il senso del tempo, i rapporti con gli altri.

Verrà rivalutata la libertà.

Ci si accorgerà che nelle regioni povere del mondo ogni minima infezione è un Coronavirus che miete vittime silenziose e si lavorerà per cambiare le cose.

Ci si accorgerà che il pianeta ci ospita e che mai più dovremmo comportarci a nostra volta alla maniera dei virus.

E così, uomini nuovi dopo una guerra senza macerie, saremo pronti per un altro salto evolutivo che ci avvicinerà sempre più al traguardo di una convivenza per davvero civile.

Una convivenza finalmente umana.

Francesco Vidotto